Ecco la Cagliari dove visse Sant’Efisio

Cagliari, Calaris il nome latino,   in quel periodo aveva soppiantato come importanza Nora e si estendeva nel lato orientale della laguna di Santa Gilla con un porto interno facilmente difendibile e con alle spalle un retroterra pianeggiante e quindi agevolmente controllabile militarmente. L’altro lato era protetto dalla laguna di Molentargius allora molto più estesa e sicuro baluardo per difendersi dagli aggressori.

di Sergio Atzeni

Articolo già pubblicato anni fa nel quotidiano “L’Unione Sarda”

Efisio nacque, forse alla metà del III secolo, a Elia Capitolina, nome che l’imperatore Adriano impose a Gerusalemme, diventò ufficiale dell’esercito romano e fu inviato in Italia. Nella penisola vide splendere in cielo una croce, cadde stordito e udì la parola di Cristo che gli anticipò i suoi supplizi e la sua morte da martire dovuta alla fede cristiana che abbraccerà.

Quando si risvegliò il centurione notò nel palmo di una mano una croce impressa e non esitò a convertirsi al cristianesimo e a ricevere il battesimo a Gaeta.
A questo punto nella vita di Efisio entrò la Sardegna e Cagliari in conseguenza della notizia dell’esistenza nell’isola di pagani arroccati nelle montagne dell’interno (forse gli eredi dei nuragici) che adoravano ancora gli idoli.

Decise così di venire in Sardegna per tentare di convertire quelle popolazioni spinto della sua immensa fede cristiana. Giunse a Cagliari, probabilmente nell’ultimo decennio del terzo secolo (290/300 d.C.) e qui iniziarono le sue disavventure perché l’imperatore Diocleziano a causa del suo credo lo fece perseguitare e poi imprigionare.
Quando Efisio arrivò a Cagliari trovò una città che si estendeva lungo il futuro golfo degli angeli tanto che il poeta Claudiano la definì “Tenditur in Longum” ossia estesa in lunghezza.

La città in quel periodo aveva soppiantato come importanza Nora e si estendeva nel lato orientale della laguna di Santa Gilla con un porto interno facilmente difendibile e con alle spalle un retroterra pianeggiante e quindi agevolmente controllabile militarmente. L’altro lato era protetto dalla laguna di Molentargius allora molto più estesa e sicuro baluardo per difendersi dagli aggressori.

Il nome latino coniugato al plurale, Caralis o Carales, fa pensare a una città divisa in vari nuclei staccati tra loro simili a borgate, con il centro vero e proprio che nelle città latine si identifica con il Foro dislocato nei pressi di piazza del Carmine, circondato da case borghesi e dei piccoli commercianti.

Le terme, edificio pubblico sempre presente nelle città romane, sorgevano tra via Sassari e il Largo Carlo Felice, alimentate dalle acque canalizzate che giungevano dalle cisterne poste nella zona di via Ospedale che, alla stregua di serbatoi, conservavano l’acqua piovana che, all’occorrenza, tramite opportune chiuse si faceva giungere a destinazione.
E’ assai probabile che al tempo di Efisio un’altra “borgata” dove erano ubicati i depositi del grano si trovasse in un luogo facilmente raggiungibile dal porto che alcuni identificano con la via Nuoro e il viale Regina Margherita.

Per questo si può dedurre che al porto fenicio-punico, ubicato all’interno della laguna di Santa Gilla, se ne affiancò un altro con destinazione commerciale localizzato nella zona di viale Diaz dove allora giungeva il mare che sfiorava l’attuale scalinata della basilica tanto che il nome della zona era appunto “Bagnaria”.

L’esistenza sul colle di una necropoli conferma l’ipotesi di un centro abitato nelle vicinanze che potrebbe essere quello ipotizzato di via Nuoro. In quel periodo era in uso anche la necropoli già punica di Tuvixeddu dove i romani scavarono nella roccia dei mausolei di una certa imponenza come quello dedicato a Atilia Pomptilla che tutti conoscono come la “Grotta della Vipera”.

Ciò fa supporre che nelle vicinanze esistesse un quartiere dove vivevano le famiglie più ricche come dimostrano le tre abitazioni patrizie ritrovate attribuite al poeta sardo Tigellio.
Al tempo di Efisio esisteva sicuramente un’acropoli (forte militare) nel colle di Castello dove venivano acquartierate le legioni di stanza e in transito e da dove si poteva controllare sia il golfo che il vasto retroterra urbano da ipotetici attacchi nemici.

La costruzione di gran lunga più importante del periodo è però l’anfiteatro parzialmente scavato nella roccia nel lato nord ed edificato in muratura dalla parte sud ora scomparsa. Un’opera di assoluto pregio che poteva contenere oltre 10 mila spettatori e dove, con molta probabilità, si disputavano le naumachie (battaglie navali) oltre le tradizionali lotte tra gladiatori e animali feroci. La capienza dell’anfiteatro lascia intendere quanto fosse importante e grande Caralis e come il suo ruolo di capitale fosse ormai consolidato.

Altre case patrizie esistevano nei pressi di piazza Yenne in una zona adagiata su una dolce collina da dove si poteva ammirare un imponete panorama. Delle abitazioni della plebe e della suburra non si e ritrovato quasi nulla anche se una cosa è certa: nel periodo in cui visse Efisio a Caralis la povera gente abitava in stamberghe di un vano ubicate forse nell’attuale quartiere Marina dove era impossibile persino stare sdraiati tanto che i latini le chiamavano “ergastula”.

 

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